Immaginate di essere su una barca in mezzo ad un mare che sta iniziando a diventare tempestoso. Ad un certo punto un’ onda vi travolge e cadete in acqua. L’unico modo per salvarvi è risalire su quella barca. La capacità che state esprimendo nello sforzo di risalirvi è detta resilienza. Questa parola infatti deriva dal termine latino “risalio”, un termine marinaro che indicava proprio il gesto di rimontare sulla propria barca una volta caduti in acqua.
Da qui si deriva immediatamente che la resilienza è una facoltà che si esprime in seguito a qualcosa che è già avvenuto. A differenza del coping, infatti, la resilienza si agisce a posteriori, mentre il coping è tutto ciò che tento per limitare lo stress prima di entrare in crisi, per evitarla.
Coping è l’insieme di tutte quelle strategie che mi permettono di prevenire l’esaurimento delle energie necessarie ad affrontare gli stress, interi o esterni che siano. Fortunatamente la resilienza si può allenare e dipende fortemente dalle risorse interne a cui posso attingere, che mi permettano di tirarmi su in seguito ad un evento difficile. Purtroppo quelle esterne sono efficaci solo per breve tempo, e se esaurisco le risorse interne non bastano più neanche quelle esterne. Una volta che è accaduto un evento traumatico, o che richiede una forte riorganizzazione, posso uscirne in modi diversi: andando su o andando giù, in sostanza crescendo nell’esperienza o venendone abbattuto.
Ma come faccio ad aumentare le mie risorse interne? Come faccio ad aumentare la mia resilienza?
- La prima cosa è sicuramente aumentare la stima di sé. Questo è un bisogno diffusissimo nella nostra attuale società, la gran parte delle persone infatti sente la necessità di lavorare sulla propria stima personale. Ma come posso fare? Se ognuno guarda nella propria vita troverà di aver fatto sia cose “belle” che cose di cui non va orgoglioso. L’aumento della propria autostima deriva dal guardare attentamente alle cose “belle” che avete fatto. Vedere in questi momenti ciò che si è mosso dentro di voi, cosa avete sentito, pensato e scelto quando avete fatto queste cose “belle“. In sostanza si tratta di guardare con attenzione al meccanismo dentro di noi che le ha permesse. Se si leggono sempre e solo le cavolate che si son fatte in qualche modo questo diviene poi la realtà in cui ci si muove. Vedere sempre le cose “brutte” che abbiamo fatto è come diventare un autore di noi stessi che ci narra in maniera sempre negativa e nel continuare a farlo diviene sempre più influente nella nostra vita. Quest’idea, questo punto di vista costante, determina anche la modalità con cui si legge la realtà e come di conseguenza ci si agisce. Ma se leggete anche le parti in cui avete fatto bene e ne comprendete il meccanismo vi potrete dire “bravo“ o “brava“. Questo è un bravo/a profondo che rimane molto di più di quello che ricevete detto da altre persone, questo aumenta la propria autostima, quello che gli altri vi dicono non ha la stessa costanza. Quelle persone non saranno con voi a darvi riconoscimento in ogni momento della vostra vita. Chiaramente tutto ciò non deve cancellare la parte di visione delle cavolate che fatto altrimenti si rischia di entrare in una visione narcisistica. La questione è capire in maniera onesta che vi sono ambedue le parti di noi. Se guardo solo i miei errori vado nei guai perché guarderò la realtà solo con quel filtro. Se imparo a vedere le cose “belle” sono in grado di utilizzarle quando mi trovo di fronte alle crisi, perché so di esserne capace. Riconoscere ciò che avete fatto di buono e bello nella vostra vita significa realizzare che siete capaci di farlo. La consapevolezza delle proprie possibilità permette di affrontare le crisi e le difficoltà quando ci siete immersi dentro e di non venirne devastati.
- Altro elemento fondamentale per la resilienza è l’ottimismo. Il pensiero positivo va agganciato ad un realismo nella valutazione che non vuol dire inventarsi la realtà in modo edulcorato, ma vederla com’è. Il pessimismo viene spesso utilizzato per prevenire ciò che di negativo potrebbe accadere, perché in qualche modo questo rimanda all’idea di potersi sorprendere meno nell’evento negativo già previsto e quindi di esserne meno delusi. Purtroppo però si traduce in una continua visione nera, inducendo a investire meno meno e con meno entusiasmo e fiducia in ciò che si fa, e ciò può portare a risultati minori o a volte a fallimenti. Scelgo così una realtà, nel pessimismo, meno soddisfacente per me, mentre con l’ottimismo scelgo qualche cosa di migliore in modo realistico.
- Altra capacità che aiuta la resilienza è saper relativizzare le questioni che devo affrontare. In sostanza vedere le difficoltà in un’ottica spazio temporale limitata. L’evento difficile avrà uno spazio ed un tempo di accadimento, se lo generalizzo fatico a reagire, perché diventa troppo grande e definitivo. Se realisticamente lo limito nel suo tempo e nello spazio riesco a cogliere positivamente ciò che potrebbe aiutarmi domani ad uscirne, anche se oggi non riesco. Inoltre questo posizionamento spazio temporale mi permette di abbassare il livello di ansia e stress che accompagnano il momento di difficoltà.
Queste sono tre capacità che potete allenare diventando consapevoli e osservandovi in maniera onesta. Queste saranno quelle facoltà che vi permetteranno di agganciare la mano al bordo della barca, darvi la spinta per risalire e riprendere con maggiore consapevolezza e forza la propria rotta nella vita.
Laureata in Psicologia Clinica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Specializzata presso la Scuola di Psicoterapia ad Orientamento Sistemico e Socio-Costruzionista di Milano – Centro Panta Rei, è iscritta all’Albo degli Psicoterapeuti della Lombardia (n. 13131). Abilitata alla valutazione peritale come Consulente Tecnico di Parte (CTP) e Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) presso lo Studio RiPsi, è terapeuta EMDR.
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