Il giudizio morale è stato ampiamente studiato in relazione al comportamento sociale (ad esempio Arsenio, Adams, & Gold, 2009), le relazioni tra pari e la costruzione delle amicizie (Malti & Ongley, 2014). Recentemente, il funzionamento morale è stato particolarmente studiato in relazione al fenomeno del bullismo. Considerando il bullismo come fenomeno di gruppo, in cui tutti i membri sono coinvolti, assumendo specifici ruoli o posizioni durante gli episodi di prepotenza, risulta particolarmente interessante cercare di indagare come la scelta di assumere una o l’altra posizione (chi difende, chi aggredisce, che semplicemente osserva o chi va a consolare la vittima ad esempio) sia legata anche a particolari disposizioni personali, caratteristiche di personalità o “modi di ragionare”. I ruoli dei partecipanti ad episodi di bullismo sono stati per esempio studiati in termini di relazioni con la disposizione empatica: i ruoli pro-sociali si sono dimostrati positivamente associati all’empatia affettiva, mentre quelli ostili sono negativamente associati all’empatia sia affettiva che cognitiva. Un numero crescente di ricercatori sta studiando l’influenza del giudizio morale, legato all’empatia, sul bullismo. Questo ambito si ricerca si è concentrato su due processi: i meccanismi di disimpegno morale, ovvero la tendenza ad auto-assolversi dalla responsabilità per atti aggressivi o antisociali attribuendo un ruolo causale agli altri, in particolare alla vittima (per una recensione, vedi Gini, Pozzoli e Hymel , 2014) e la trasgressione delle norme (Caravita, Di Blasio e Salmivalli, 2009). Gasser e Keller (2009) hanno scoperto, per esempio, che i bulli sono meno in grado di comprendere la trasgressione morale rispetto ai compagni pro-sociali. Caravita, Gini e Pozzoli (2012) hanno riferito che sia l’accettazione della trasgressione di norme morali che il disimpegno morale sono associati al comportamento di bullismo nella prima adolescenza.
Alcuni studi hanno poi meglio specificato tali relazioni distinguendo il pensiero morale in una dimensione più cognitiva di comprensione e costruzione del giudizio morale ed una più affettiva, relativa alla compassione e sensibilità morale: sembrerebbe, in linea con gli studi sull’empatia, che i bulli siano carenti in maniera particolare nella dimensione affettiva del pensiero morale.
Uno studio recente su ragazzini italiani tra gli 8 ed i 14 anni ha voluto meglio specificare le relazioni esistenti fra queste diverse componenti del pensiero morale (cognitiva e affettiva) e non soltanto la tendenza ad assumere comportamenti “da bullo”, ma anche le altre possibili posizioni che i bambini scelgono – più o meno consapevolmente – durante un episodio di prepotenza. A questo scopo, accanto alla rilevazione della tendenza ad assumere posizioni ostili, prosociali, da vittima o da chi “si tiene in disparte” durante episodi di bullismo, ai ragazzi sono stati proposti alcuni dilemmi morali di due tipi: personali (legati alla dimensione affettiva della moralità) e impersonali (legati invece alla dimensione più cognitiva). Tali dilemmi propongono delle situazioni in cui serve prendere una decisione utilitaristica (per “evitare il male peggiore”) che tuttavia implica la violazione di una norma morale, in un caso con implicazioni più personali e con maggiore coinvolgimento emotivo, nell’altro implicanti un ragionamento più prettamente cognitivo e meno direttamente coinvolgenti dal lato affettivo. Due esempi possono essere: “Hai due fratelli gemelli, entrambi gravemente malati. L’unico modo in cui possono migliorare è prendere una medicina molto costosa. Hai solo abbastanza soldi per comprare medicine per uno dei tuoi due fratelli, e devi scegliere quale fratello dare la medicina entro 24 ore. Se non lo fai, rischiano entrambi la vita. È giusto che tu scelga il fratello a cui darai la medicina?”; “Il tuo compagno di classe non è in grado di fare il test italiano, perché non ha studiato. L’unico modo che ha per superarlo è quello di copiare dal libro. Ingannerà l’insegnante, ma otterrà un punteggio elevato. È giusto che il tuo amico copi?”. I risultati della ricerca hanno mostrato una relazione positiva tra assunzione di ruoli ostili e approvazione della violazione morale, soprattutto in dilemmi impersonali (con scarso coinvolgimento emotivo), mostrando come individui con una disposizione egoistica-ostile siano orientati verso un processo decisionale razionale e utilitaristico in misura maggiore di individui con più spiccato orientamento prosociale. Infatti, bambini con maggior tendenza ad attuare comportamenti di difesa o consolazione della vittima o di mediazione del conflitto in episodi di prepotenza, tendono ad approvare meno frequentemente il comportamento di violazione morale proposto nei dilemmi. In particolare, la correlazione negativa riscontrata tra ruoli prosociali e dilemmi personali (con un coinvolgimento emotivo superiore) è in linea con la maggiore sensibilità emotiva degli individui prosociali. Inoltre, il fatto che la vittima sia negativamente associata all’approvazione di soluzioni per i dilemmi di controllo può essere vista come una difficoltà nell’adottare una posizione utilitaristica da parte di individui che sono meno capaci di sviluppare strategie di autodifesa (Monks et al., 2002).
In conclusione, questo studio esplorativo conferma che le componenti cognitive e affettive del processo decisionale morale sono differentemente legate a stili di funzionamento durante situazioni emotivamente cariche, come quelle di prepotenza. Considerando l’importanza delle esperienze educative sulle modalità di costruzione del pensiero morale, credo sia doverosa una riflessione sull’impatto ma anche sulle potenzialità insite nei diversi contesti di crescita dei bambini in un’ottica di prevenzione di fenomeni di prepotenza fra pari.
Laureata in Psicologia dello Sviluppo presso l’Università di Pavia, è Ricercatrice in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzata presso la Scuola di Psicoterapia ad Orientamento Sistemico e Socio-Costruzionista di Milano – Centro Panta Rei, è iscritta all’Albo degli Psicoterapeuti della Lombardia (n. 16147). È terapeuta EMDR.
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