Carolyn e Philip Cowan. La sera prima di conoscerli nell’ambito di una conferenza mi sono trovata a cenare per pura casualità nel loro stesso ristorante.
Non avendoli mai visti prima non avevo idea di chi fossero, ma questa coppietta con molti anni di saggezza alle spalle ha attirato la mia attenzione già al loro ingresso. Il loro atteggiamento era collegiale, compagni di lavoro e compagni nella vita. L’atmosfera comunicativa era serena e il dialogo ricco. Il giorno dopo li ho rivisti mentre salivano sul palco per fare la presentazione su un loro lavoro che è partito nel 1960, due anni dopo il loro matrimonio.
Carolyn e Philip Cowan hanno dedicato quasi una vita alla ricerca sulle coppie.
Oggi sono professori della Berkley University, dove co-dirigono studi longitudinali da ben tre decadi, intervenendo sulla prevenzione delle crisi di coppia e familiari. I principali progetti che portano avanti sono: “Diventare una famiglia”, “Figli in età scolare e le loro famiglie” e “Supportare il coinvolgimento paterno”.
Il tema centrale del loro lavoro è la relazione positiva della coppia, che gioca un ruolo fondamentale nel creare un contesto funzionale per la genitorialità e di conseguenza basilare per lo sviluppo e la capacità di adattamento dei figli.
Difficile riassumere in breve il loro intervento. I Cowan hanno portato dati numerici a supporto del fatto che il passaggio alla genitorialità è nella stragrande maggioranza dei casi una sfida all’unione della coppia stessa. Porta a conflitti da gestire e risolvere. Secondo i loro studi tali conflittualità generano nei figli tre impatti principali:
- internalizzazione dei problemi, quindi disagi interiori che sovente si esprimono con sintomi e problematiche cliniche;
- esternalizzazione dei problemi, quindi una serie di comportamenti e agiti che segnalano al mondo esterno il disagio che il figlio sta vivendo;
- problematiche scolastiche, difficoltà di apprendimento.
Quando le famiglie o le coppie arrivano a chiedere aiuto spesso le situazioni sono diventate ormai complesse e molti sono gli ambiti in fase di possibile difficoltà critica. Inoltre i servizi a cui possono accedere nell’ambito del sociale spesso lavorano per silos, in modo separato senza scambiare sufficiente e necessaria informazione, quindi è molto difficile riuscire ad armonizzare con un intervento comune. Sovente le azioni separano le aree ulteriormente, generando ricadute su altri ambiti che non vengono presi in considerazione o sfuggono e non vengono visti.
Per questi motivi i Cowan hanno lavorato sviluppando una loro tecnica, verificandone negli anni i risultati ed analizzando le evoluzioni delle famiglie su cui è stata applicata la metodologia rispetto alle famiglie con diversi trattamenti. I principi di base del loro metodo sono semplici:
- inclusione di entrambi i genitori;
- aiutare la relazione di coppia;
- supportare la relazione padre figli e madre figli;
- aiutare a rendere cosciente il gruppo familiare.
Le équipe dei Cowan lavorano solo nei periodi di transizione, quindi quando le coppie diventano genitori, quando i figli iniziano il periodo scolare, quando i figli si svincolano dalla famiglia, lasciando poi la coppia evolvere spontaneamente sul lavoro fatto insieme.
Un principio fondamentale è il coinvolgimento del padre che sovente viene lasciato al di fuori in altri interventi, spesso per via di pregiudizi che lui stesso vive, cioè che l’uomo non ami essere coinvolto in attività a sostegno della famiglia, che questa sia un’area della madre, che lui non abbia competenze o la voglia di essere ingaggiato in un lavoro familiare o di coppia. I Cowan ci spiegano che nella loro pluridecennale esperienza non è stato così. Nel loro studio longitudinale è emerso in modo importante che gli uomini si rendono disponibili se gli si chiede di esserci. Si ritirano se sentono questo tipo di pregiudizio e atteggiamento di distanza nei loro confronti. Si deve tenere conto che un buon coinvolgimento del padre passa prima di tutto dal rapporto che lui ha con la madre, se li si aiuta a migliorare la relazione tra loro aumenta il livello di coinvolgimento per entrambi.
Ciò che colpisce è certamente la durata di questo studio, che lo rende credibile e consistente. Personalmente penso sia anche importante iniziare a dare una possibilità d’intervento prima che le crisi emergano in modo importante. Un’ottica di tipo preventivo non è ancora molto sviluppata da noi in Italia, ma permetterebbe alle coppie di costruire delle competenze estremamente utili nei passaggi sfidanti della loro vita ed evitare di dover intervenire nei momenti in cui il conflitto è esacerbato o si è raggiunto disinvestimento.
I Cowan sono stati quindi personalmente di grande ispirazione, soprattutto nel bisogno di cogliere le esigenze cliniche, in questo caso preventive, che le persone potrebbero avere e che a volte potrebbero non emergere in modo evidente. Credo sia importante quindi non smettere di pensare “fuori dagli schemi” di un sistema socio-sanitario già strutturato, ma continuare a riflettere su quali sono anche i bisogni a cui potremmo rispondere professionalmente e umanamente in modo diverso e/o preventivo.
Laureata in Psicologia Clinica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Specializzata presso la Scuola di Psicoterapia ad Orientamento Sistemico e Socio-Costruzionista di Milano – Centro Panta Rei, è iscritta all’Albo degli Psicoterapeuti della Lombardia (n. 13131). Abilitata alla valutazione peritale come Consulente Tecnico di Parte (CTP) e Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) presso lo Studio RiPsi, è terapeuta EMDR.
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