Molto si dice e molto si scrive di pensiero e abilità creative soprattutto nei bambini. Quello che forse a volte si tralascia di dire è che tali competenze possono realmente aiutare bambini nella loro quotidianità, equipaggiandoli di efficaci strategie di individuazione e risoluzione dei problemi. Ma cosa significa essere creativo? Il termine creatività in genere evoca immediatamente aspetti di originalità, novità, a volte addirittura trasgressione. La letteratura però sottolinea che altrettanto importanti risultano essere spesso gli aspetti di appropriatezza e pertinenza al contesto, che distinguono un processo o un prodotto creativo da una mera produzione random. Nell’utilizzo del pensiero creativo coesiste, infatti, l’impiego a fasi alterne di pensiero divergente e convergente ed è proprio questa sequenzialità del processo a consentire la produzione di idee o prodotti nuovi che tengano in considerazione anche i vincoli imposti dai contesti: in altre parole, un’idea originale, per poter essere considerata creativa, deve essere anche percepita come utile e adatta ad un determinato contesto.
E se il contesto spinge verso processi che utilizzano un pensiero più convergente che divergente? Questa domanda ha spinto diversi ricercatori in tutto il mondo a chiedersi se il contesto scolastico, o quali caratteristiche di tale contesto, possano favorire – o viceversa essere da ostacolo per – lo sviluppo della creatività. Già diversi anni fa Torrance ha individuato un crollo della creatività intorno ai 9 anni di età, fenomeno che l’autore stesso ha ricollegato al percorso scolastico definendolo fourth-grade slump. In anni successivi, altri studiosi, come Davis, hanno individuato un ulteriore momento di crollo della creatività, nel passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria. Sembra dunque che questi dati, aggiunti a molti altri nella letteratura scientifica, suggeriscano l’esistenza di un’influenza in qualche modo negativa della scuola sulla creatività. Studi recenti nella scuola italiana sembrano rilevare, più che dei singoli crolli di creatività, un lento decremento del pensiero originale durante gli anni della scuola primaria. Ovviamente la questione non è così semplice e molte variabili entrano in gioco, ma alcuni studiosi hanno sottolineato come il bisogno di appartenenza ad un gruppo possa costituirsi come un vero e proprio “antagonista naturale” del pensiero creativo. Proviamo a pensare ad un bambino che vorrebbe esprimere il suo potenziale creativo, le sue idee innovative, che proprio perché in qualche modo “diverse” lo rendono unico e non conforme al gruppo in cui le potrebbe/vorrebbe manifestare. Se il contesto sociale non riesce a costruire un clima di accettazione e valorizzazione di tali idee, il bambino si trova allora come di fronte ad un dilemma: essere unico oppure essere parte? Questo potrebbe a sua volta avere un’influenza negativa sullo stare bene in quel contesto.
Alcuni lavori che si sono concentrati sul legame tra pensiero creativo e aspetti legati al benessere psichico hanno individuato un legame tra creatività e ansia. Le indagini, svolte anche in Italia, hanno rilevato come i bambini che tendono a fornire risposte più originali, sono anche quelli che sperimentano maggiormente ansia a diversi livelli, dalle manifestazioni somatiche alla preoccupazione relativa all’accettazione sociale. Una possibile interpretazione risiede nella percezione delle risposte “differenti dalla massa” come processi di violazione delle regole e quindi soggetti a valutazione negativa, che genererebbe a sua volta stress. Ciò si legherebbe a sua volta a bassi livelli di autostima, effettivamente rilevati in un gruppo di bambini con tendenza a fornire risposte originali e contemporanei alti livelli di ansia.
“Le menti creative riescono a sopravvivere anche ai peggiori sistemi educativi” diceva Anna Freud, c’è da chiedersi allora a quale prezzo? Essere creativi è dunque fonte di ansia? Il contesto scolastico porta i bambini ad essere sempre meno creativi per proteggersi da possibili fonti di stress? Difficile fornire delle risposte definitive, anche perché le variabili in gioco implicano complessità difficilmente riducibili, prima fra tutte il “contesto scolastico”, impossibile da racchiudere in un’unica categoria. Vero è che nel periodo della scuola primaria i bambini si trovano a dover affrontare numerosi fattori di cambiamento che possono influenzare la loro creatività e questi studi ci aiutano a comprendere come l’esercizio del pensiero creativo non sia un’attività né semplice né economica per i bambini, che necessitano di spazi, tempi e modalità adeguate di supporto – non solo cognitivo, ma anche affettivo e relazionale – nel momento in cui viene proposto loro di “allontanarsi dalla convenzionalità”.
Per approfondire:
- Antonietti, A., & Cerioli, L. (1996). Creativi a scuola. Milano: Franco Angeli.
- Farina E., Della Zoppa L. (2017). Creativity and anxiety developmental trend and interrelationships in school-age children. Presentazione alla 18thEuropean Conference on Developmental Psychology, Utrecht.
- Walton, A.P. (2016). Creativity and Human Dichotomy: Individual or Part of a Team? Multidisciplinary Contributions to the Science of Creative Thiniking, pp. 85-102. New York: Springer.
Laureata in Psicologia dello Sviluppo presso l’Università di Pavia, è Ricercatrice in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzata presso la Scuola di Psicoterapia ad Orientamento Sistemico e Socio-Costruzionista di Milano – Centro Panta Rei, è iscritta all’Albo degli Psicoterapeuti della Lombardia (n. 16147). È terapeuta EMDR.
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