Il mondo dei videogiochi è da sempre accompagnato, soprattutto da parte degli adulti, da molti stereotipi e luoghi comuni. Quanti di noi hanno sentito dire che i videogiochi “rincretiniscono” o che i videogiochi violenti possono far diventare aggressivi i nostri bambini, o che in ogni caso siano al massimo una perdita di tempo!
Negli ultimi anni la psicologia si è concentrata principalmente su questi temi, andando a studiare se i videogiochi aumentassero o diminuissero le capacità cognitive, visuo-spaziali e i riflessi in bambini, adolescenti o adulti o se i videogiochi, in particolare quelli definiti “violenti” avessero un effetto sull’aggressività o sull’empatia.
Le ricerche più recenti mostrano come i luoghi comuni a cui siamo abituati siano sbagliati: per quanto riguarda le abilità cognitive e visuo-spaziali, è stato scoperto che i “video-giocatori” ottengono risultati migliori dei “non giocatori” e che l’aggressività non viene influenzata dal videogiocare.
Ci sono però alcuni aspetti del mondo dei videogiochi che fanno fatica ad essere compresi da noi adulti, o almeno da quella parte molto ampia di adulti che non giocano ai videogiochi: la portata a livello economico e culturale del mondo dei videogiochi e il mondo degli E-Sport, i tornei di videogiochi professionali.
Per quanto riguarda il la portata economica e culturale dei videogiochi, basta citare alcuni nomi di videogiochi e penso che la maggioranza di chi sta leggendo questo articolo sa di cosa sto parlando o almeno li ha sentiti nominare: Super Mario, Pokemon, Legend of Zelda, ecc. E se per molti possono affiorare ricordi d’infanzia, bisogna pensare che tutti e tre questi nomi vendono ATTUALMENTE decine di milioni di copie dei propri videogiochi. Ci sono canzoni che citano videogiochi, libri e film che ne parlano, basti pensare al recente film “Ready Player One” tratto dall’omonimo libro di Ernest Cline. Se andate a rivedere l’esultanza di Antoine Greizmann nella finale dei mondiali di Russia di questa estate potrete scoprire che il balletto che ha fatto è un’esultanza di un gioco molto popolare in questi mesi, Fortnite. Sotto l’aspetto economico c’è molto di più che la semplice vendita al dettaglio dell’ultimo videogioco di turno. Ci sono giocatori che guadagnano centinaia di migliaia di euro giocando in diretta TV su piattaforme dedicate dove le altre persone guardano mentre quella persona gioca e possono interagire con lui, attraverso una chat vocale e scritta. Questi giocatori che mostrano in diretta le proprie imprese si chiamano Streamer. Uno dei più famosi “streamer”, Ninja, guadagna 500.000 dollari al mese proprio giocando a Fortnite e trasmettendo le proprie partite e ogni volta che trasmette in diretta ci sono più di 100.000 persone che lo guardano.
Proprio a causa dell’enorme quantità di soldi che stanno iniziando a girare negli ultimi anni nel mondo dei videogiochi, si stanno espandendo quelli che vengono chiamati E-sports, ovvero dei tornei di videogiochi organizzati a livello professionistico durante i quali ci sono dei giocatori che mettono insieme le proprie forze per creare una squadra e affrontare in un torneo in diretta streaming altre squadre per un premio finale. Sono disparati i videogiochi che si prestano agli E-sports, da simulazioni di giochi in carne ed ossa, come Fifa per il calcio, Madden per il football americano o altri giochi con caratteristiche proprie ed uniche come League of Legends o DOTA 2. Anche qui servono alcuni dati per far capire l’importanza del fenomeno. Alla fase finale dei campionati Mondiali di League of Legends del 2017 hanno partecipato 24 squadre con giocatori provenienti da 28 nazioni diverse; la partita più vista ha avuto 80 milioni di persone in tutto il mondo e le partite finali sono state giocate in palazzetti gremiti di persone e trasmesse in diretta in cinema di tutto il mondo, anche in Italia. Per fare qualche paragone la finale dei mondiali di Russia tra Francia e Croazia è stata vista da 160 milioni di persone in Europa, numeri che non sono così lontani da uno degli eventi più visti in assoluto come la finale dei mondiali di calcio.
Il mondo degli E-sport apre la possibilità ai videogiocatori di fare una carriera professionale con guadagni reali, ovviamente come per qualsiasi sport solo in pochi ce la fanno e la carriera non è mai lunga, ma oggi come oggi un bambino può sognare di diventare un videogiocatore famoso.
Questa è una questione che va sicuramente approfondita, ma che va affrontata con impegno e senza superficialità perché giocare ai videogiochi sta diventando sempre più un aspetto della nostra cultura e non può più essere snobbato come una perdita di tempo.
Laureato in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca, è Dottore di Ricerca in Scienze della Formazione e della Comunicazione e Professore a Contratto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzato presso la Scuola di Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Costruttivista Relazionale – Centro di Terapia Cognitiva di Como, è iscritto all’Albo degli Psicoterapeuti della Lombardia (n. 15957).
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